Che fine ha fatto il metaverso?
Ciao *|MERGE1|*,
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Te lo ricordi il metaverso? Se ne è parlato molto specialmente durante la pandemia, momento che ha coinciso anche con l'impegnativo rebranding di Facebook (da Facebook a Meta).
Sono passati quasi due anni da quel rebranding, dalla nascita di Meta. 31 anni dal primo utilizzo di questa parola nel romanzo di fantascienza Snow crash di Neal Stephenson. Oggi abbiamo capito cosa significa, cosa è e sarà, il metaverso?
Proprio con in testa questa domanda in settimana ho visitato la mostra Ipotesi metaverso a Palazzo Cipolla, Roma, un'esposizione immersiva a cura di Gabriele Simongini e Serena Tabacchi. Te la racconto di seguito.
Come sempre fammi sapere cosa ne pensi. Nel frattempo ti saluto con questo tweet capolavoro di Christine Lagarde.
Buon weekend di post programmati e alla prossima!
V.
Che fine ha fatto il metaverso? Ho cercato risposte alla mostra Ipotesi metaverso
Metaverso. Tutti ne parlano ma pochi sanno definire bene cosa sia e a cosa serva.
Personalmente ad oggi non ho ancora trovato una definizione concreta e univoca in relazione alla sua applicazione, a parte quella di Stephenson che risale, come dicevamo prima, a 31 anni fa. Se tu sì, inoltramela pure.
Stiamo parlando di Second Life? A cosa può servire in termini di business? Come può essere sfruttato da un’azienda? Quando e come entrerà nella nostra quotidianità? Soprattutto: ci crede ancora qualcuno?
Le risposte sono spesso diverse e a volte confuse. Di per certo sappiamo che il concetto di metaverso viene interpretato, più che spiegato, e che nonostante gli sforzi di molti non è ancora entrato a gamba tesa nelle nostre vite.
Anche Mark Zuckerberg, che dal 28 ottobre 2021 ha fatto della costruzione del metaverso il cavallo di battaglia della sua azienda, ha sempre avuto difficoltà a concretizzare questo concetto. E quando ha provato a farlo non sono mancate le brutte figure (indimenticabile questa immagine).
Dall’ultimo trimestre 2020 Meta ha perso 30 miliardi di dollari dalla divisione Reality Labs, quella in cui rientrano realtà aumentata e virtuale. Sarà per questo che oggi Meta sembra tirare il freno a mano sugli investimenti utili a sviluppare il proprio metaverso e ne parla meno.
Se dunque il metaverso è ancora in fase di definizione, chi meglio degli artisti per immaginare delle definizioni sotto forma di esperienze?
La mostra Ipotesi metaverso, organizzata a Palazzo Cipolla (Roma) e visitabile fino al 23 luglio, ambisce, con successo secondo me, a fare proprio questo: chiamare a raccolta artisti contemporanei (e non solo) per interpretare il metaverso, permettendo al visitatore di vivere questa realtà attraverso più forme e strumenti.
La mia visita è durata circa un'ora e mezza. Su alcune opere/esperienze mi sono soffermata di più, te ne racconto qualcuna.
Aiora: Floating Tales di Fabio Giampietro è un'installazione interattiva che unisce un'altalena, sensori di movimento, arte generativa e proiezioni.
Dondolando su questa altalena le immagini sullo schermo si muovono a ritmo con i movimenti. Mi sembrava di vivere dentro Inception e mi è sembrato anche che rappresentasse bene la commistione tra mondo digitale e reale, il modo in cui uno influenza l'altro.
Sono seguite una leggera perdita di equilibrio e una sensazione di spaesamento, ma sono passate presto.
I visori, strumento principale per navigare il metaverso, non potevano mancare. Grazie all'opera di realtà virtuale di Federico Solmi, The Bacchanalians Ones, sono entrata in un quadro tridimensionale e ho potuto interagire con i protagonisti dell'opera. Ho lanciato della frutta ai commensali ottocenteschi e passeggiato in questa stanza dipinta. Molto divertente.
C'è spazio anche per la poesia: Sasha Stiles è una metapoetessa e Completions: Fragments è una raccolta di 30 testi generati grazie alla collaborazione tra umano e macchina.
Una lunga poesia visiva basata sull'intelligenza artificiale e frammentata in più blocchi. Ogni blocco esiste come "poema visivo autonomo ed è indissolubilmente connesso a ogni altro pezzo".
Non di soli mondi 3D e visori si nutre il metaverso raccontato in questa mostra.
Ipotesi metaverso riesce a far esplodere il concetto di metaverso anche grazie alle opere di Giovanni Battista Piranesi, Maurits Cornelis Escher e dei futuristi Umberto Boccioni e Federico De Pistoris.
D'altronde fu proprio il fondatore del movimento futurista, Filippo Tommaso Marinetti, a sostenere che in futuro «l'uomo dovrà sapere in ogni istante, in ogni punto della terra, cosa fanno i contemporanei».
Marinetti aveva già ben chiari i social network 100 anni prima della loro nascita.
In definitiva, se sei a Roma consiglio una visita a Ipotesi metaverso, titolo molto azzeccato per rappresentare questo spazio di dialogo tra digitale e umano, tra tecnologia e vita reale.
Un “laboratorio per il futuro”, come l’hanno definito i curatori Tabacchi e Simongini, che può esserci utile per immaginare il metaverso e il mondo del futuro più di ogni definizione.
P.S. prenota online i biglietti in anticipo e se puoi visita la mostra durante la settimana. Eviterai file infinite e potrai goderti ogni opera come si deve.
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