Come funzionano i meme e cosa dicono di noi
Ciao, benvenut* in Fuori dal PED, la newsletter che cerca di fare ordine tra i trend social e i drammi dei social media manager.
Ieri è stata una grande giornata per l'internet e i social italiani.
Due notizie mi hanno particolarmente accesa di prima mattina. La prima ha trainato le conversazioni online: mi riferisco all'ormai arcinota separazione del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni dal compagno e giornalista Andrea Giambruno in seguito ai fuori onda lanciati da Striscia la notizia.
Non mi dilungo su questo tema (che comunque ritengo molto interessante dati gli intrecci tra politica e media) perché oggi parliamo di altro, ma appartengo al team "ottima strategia per ottenere nuovi consensi".
La seconda notizia riguarda Giuliano Amato, ex Presidente del Consiglio, della Corte Costituzionale, ex ministro e ora a capo della nuova "commissione algoritmi" voluta dal governo per studiare l'impatto dell'intelligenza artificiale.
Entrambe le notizie, la prima sicuramente di più, sono state chiacchierate e soprattutto sono state memate.
Oggi parliamo proprio di questo, di meme, uno tra i fenomeni di internet che più si è insediato nella nostra vita quotidiana.
Il mondo dei meme è ricco di sfaccettature legate all'evoluzione della rete, dei social e della nostra società.
C'è una discreta letteratura sul tema e sono nati corsi per imparare a strutturare una narrazione, anche aziendale, attraverso questo strumento.
C'è chi fa i meme per passione, chi per lavoro e chi per entrambi i motivi, come Daniele Zinni, che su Instagram potresti conoscere come @inchiestagram e che ha appena pubblicato per i Quanti Einaudi Meme del sottosuolo: Distopia, follia, orrori artificiali e la ricerca dell'autenticità.
Per raccontarti lo stato dell'arte dei meme ho fatto qualche domanda a Daniele sull'uso dei meme nel content marketing, nella politica e sul futuro di questo strumento. Spero ti sia utile.
Ho avuto il piacere di leggere il suo libro in anteprima e te lo consiglio molto perché riesce ad approfondire con attenzione scientifica le dinamiche dei meme, che cosa dicono di noi, i meme, e - come dice Daniele di seguito - perché è essenziale saperli notare mentre circolano e cosa vogliamo dire quando li usiamo.
Buona lettura e buon weekend di post programmati!
V.
Lo stato dell'arte dei meme, con Daniele Zinni
[V.] Ciao Daniele! Partiamo dalle basi. Il Cambridge dictionary definisce un meme an idea, image, video, etc. that is spread very quickly on the internet. Cos’è per te un meme? Come integreresti questa definizione?
[D.] Più interessante dell’approccio da dizionario, secondo me, è la definizione di meme “in senso stretto” che Alessandro Lolli ha dato nel suo libro "La guerra dei meme".
La distinzione è tra il “contenuto virale” – ciò di cui parla la definizione del Cambridge Dictionary – e il meme vero e proprio, cioè quel tipo di contenuto virale che “non mira a riprodursi ma a reinventarsi”, per citare Lolli.
Il meme si distingue da altri oggetti che circolano su internet perché coinvolge un gioco di variazioni continue su basi fisse.
Nella pratica, penso che le due definizioni possano finire per individuare gli stessi materiali, a seconda di cosa consideriamo “base fissa”: nei casi più classici si tratta di un’immagine o di una frase, ma può essere anche un personaggio, un font, e persino un mood, o comunque un aspetto difficile da isolare.
[V.] I meme fanno ormai parte dell’ecosistema del content marketing sui social media. Li pubblicano gli utenti semplici, li pubblicano i brand e a volte anche le Istituzioni. Nel 2023 si può fare i social media manager senza saper fare i meme?
[D.] Credo dipenda molto dai clienti per cui lavoriamo e dai target ai quali vogliono o possono parlare.
In generale, più pericoloso che non fare meme è sicuramente farli male; rischiamo di fare la figura di quelli che ci provano e non ci riescono, e ok, ma soprattutto rischiamo di fraintendere i formati o i personaggi ritratti e comunicare cose diverse da quelle che volevamo.
Essenziale credo sia saperli notare mentre circolano, i meme, e capire cosa vogliono dire le persone quando li usano.
A quel punto possiamo cercare qualcosa da dare al nostro pubblico in modo da inserirci in quel discorso collettivo, ma non è necessario che si tratti di un meme.
Essenziale poi capire i meme per chi fa community management: mi viene in mente Zerocalcare infastidito da chi gli commentava “mio padre” su TikTok perché aveva frainteso il gesto d’affetto con un modo per sottolineare che ha quasi 40 anni; potenzialmente, era un rischio, metti che un giorno sbroccava male e si cancellava l’account.
[V.] Cosa consigli di leggere, studiare a un social media manager che vuole approfondire le dinamiche dei meme?
[D.] Oltre al libro di Lolli che ho già citato, consiglio senz’altro Memestetica di Valentina Tanni. Poi è fondamentale consultare Know Your Meme, l’enciclopedia online dei meme, quando incontriamo un meme nuovo, soprattutto se internazionale.
Con i meme italiani è più difficile risalire alla lore (al contesto di riferimento) senza che un’anima buona ce la spieghi direttamente.
Per lavoro, tocca fare ascolto del proprio target e capire se nel suo ambiente circolano meme specifici.
[V.] Sempre sul tema lavoro: si può vivere di soli meme? La creazione di meme può diventare un lavoro o potrà diventarlo in futuro secondo te?
[D.] Il mercato per autori o autrici che possano campare di soli meme temo sia molto ristretto.
Puoi avere l’approccio dell’artista, cioè produrre quello che vuoi e farti pagare dai follower, per esempio tramite Patreon, ma non so quanti troverebbero duemila persone al mese disposte a dargli un euro a testa, e per quanto a lungo.
Puoi fare il creator che lavora per i brand, ma dovresti usare immagini di cui detieni il copyright (e infatti di solito i brand coinvolgono i creator che fanno video in cui compaiono loro stessi, non quelli che fanno meme).
Oppure puoi fare commento di attualità, come @filosofia_coatta, che ha uno stile estremamente riconoscibile e ha collaborato con testate come Domani, Factanza e Lucy.
Il problema di giornali e riviste è che in Italia già pagano poco illustratori e giornalisti: posso solo immaginare che non abbiano intenzione di pagare un memer a tempo pieno.
[V.] I meme esisteranno per sempre? Come evolveranno?
[D.] Credo ci dica qualcosa il fatto che all’arrivo di una piattaforma con caratteristiche tecniche molto diverse dalle precedenti – TikTok – siano nati meme anche lì, dove non era scontato.
Non ho idea di come evolveranno (memeremo gli avatar nel metaverso? chissà) ma ho l’impressione che il modo memetico di fare le cose sia con noi per restare ancora un po’.
[V.] Parliamo di TikTok. TikTok è un posto dove replicare le cose, i format. Interpretare un trend in base al proprio storytelling è al centro delle dinamiche di questa piattaforma. Un posto dove, come scrivi tu, i meme si sono diffusi e rinnovati.
Possiamo dire che oggi TikTok incarna il non plus ultra dell'espressione memetica?
[D.] TikTok illumina benissimo quel che i meme forse sono nella loro massima profondità, cioè un modo di partecipare a una conversazione.
Lì mi sembra conti più che altrove intervenire su ciò che è trending, in particolare dal punto di vista formale. In questo modo, la struttura stessa della conversazione prende una sorta di forma memetica.
Questo non vuol dire che su TikTok però circolino i meme più interessanti per qualunque target di pubblico, né quelli più elaborati, né quelli più creativi.
Del rapporto di identità tra formato memetico e TikTok parla molto bene l'introduzione di Gabriele Marino e Bruno Surace a TikTok. Capire le dinamiche della comunicazione ipersocial, che approfitto per consigliare.
[V.] In un articolo su Il Tascabile descrivi molto bene il dibattito sull’incapacità della sinistra a memare, nonostante in realtà anche in Italia la sinistra memetica sia molto viva. Tu hai trovato una risposta, alla fine, a questa domanda?
[D.] L’idea che fosse impossibile memare da sinistra (e da quale sinistra, poi? ce ne sono duecento) si è dimostrata ormai da diversi anni uno sfottò senza fondamento, negli USA come in Italia e altrove.
Ci sono persone più e meno brave a fare meme, di qualunque orientamento politico.
Nel mio articolo cercavo di andare a fondo su cosa possono effettivamente fare (e cosa è impossibile che facciano), i meme politici, e raccontavo in particolare l’esperienza del Sinistralibro italiano come momento di elaborazione collettiva intorno alla memetica di sinistra.
ndr. qui l'articolo di Daniele Zinni su Il Tascabile, "Meme di sinistra, astrazione o strategia"
[V.] Politica, morte, guerra: si può memare su tutto?
[D.] Sugli account personali, possiamo fare un po’ quello che ci pare, nei limiti delle conseguenze che siamo disposti ad accollarci. Sugli account di lavoro, rischiare magagne significa lavorare di più, quindi meglio evitarle, se non siamo degli stacanovisti.
Ma poi, siamo proprio sicuri che impegnarci per far fagocitare al marketing ancora più argomenti, introducendoli nel piano editoriale di un cliente, sia una cosa positiva?
Daniele Zinni fa meme per passione e per lavoro. Su Instagram posta come @inchiestagram. Dal 2018 al 2022 ha lavorato come SMM per l'agenzia dieci04. Oggi lavora come copy per Fornace Studio.
☄️ Top 5 social media news
Instagram aggiunge i sondaggi nei commenti
X/Twitter testa l'abbonamento a $1 per tutti gli utenti non verificati
Meta estende i canali broadcast a Facebook e Messenger
YouTube si sta impegnando per la condivisione di notizie autorevoli sulla piattaforma
Whatsapp permette di switchare tra diversi account
👓 Da leggere, ascoltare, guardare
Instagram e gli "shadow ban" su Israele e Palestina. Spiega tutto Viola Stefanello sul Post
Guerra Hamas - Israele: come reagiscono le aziende social
Perchè dobbiamo insegnare all'AI a empatizzare con noi
La maggiorparte della disinformazione su X/Twitter relativa al conflitto tra Hamas e Israele proviene da account verificati, dice uno studio
Perché l'abbonamento a $1 su X/Twitter può erodere l'importanza della piattaforma
📚 Biblioteca social
Una raccolta di letture utili a noi che ci occupiamo di social media. Dai saggi ai romanzi. Clicca sul bottone giallo per accedere all'archivio.
Ciao! Mi chiamo Valentina Tonutti e sono una social media strategist. Dal 2015 lavoro con i social soprattutto per media, politica e editoria. Online e offline amo condividere e creare sinergie: la mia newsletter nasce per questo.
Se ti piace Fuori dal PED, diffondila: inoltrala ad amici e condividila nelle Stories, su LinkedIn, in ogni luogo e in ogni lago
Vuoi migliorare la tua strategia social? Conosciamoci e sistemiamola insieme
Vuoi promuovere il tuo prodotto/servizio ai social media manager? Questa newsletter parla a oltre 1.300 esperti social e digital. Scrivimi e parliamone
Se Fuori dal PED ti piace proprio tanto, offrimi un caffè virtuale.
Piccolo spazio pubblicità:
- Vuoi aprire partita iva? Clicca qui e risparmia €50 sul primo anno con Fiscozen
- Questa newsletter contiene link affiliati Tlon/Amazon: se acquisti da lì ricevo una piccola percentuale che userò per finanziare la newsletter
- L'immagine di copertina è stata realizzata da Giorgia Petracci, il mio logo da Egidio Filippetti
- Puoi leggere Fuori dal PED anche sull'app Mindit
Mi trovi, ovviamente, anche sui social. Clicca qui sotto e colleghiamoci. Mailchimp è boomer e non ha il bottone per TikTok, ma sono anche lì.