Conflitto Hamas-Israele: come cambiano i social e la digital diplomacy
Ciao, benvenut* in Fuori dal PED, la newsletter che cerca di fare ordine tra i trend social e i drammi dei social media manager.
Quella di oggi è una breve riflessione su come le piattaforme social, i loro amministratori e noi che le abitiamo, influenzano i fatti del mondo e di come i fatti del mondo influenzano le piattaforme social.
Inserisco all'ultimo un pensiero estrapolato dalla puntata di oggi de Il colore verde, la newsletter di Nicolas Lozito, che come sempre trova le parole giuste per tutto:
Difficile parlare di ambiente quando la guerra circonda tutto ciò che viviamo.
Difficile parlare anche di social, perché tutto sembra irrilevante rispetto alle atrocità che stanno accadendo in Israele.
Ci tenevo però a raccogliere le notizie che riguardano l'implicazione dei social media all'interno del conflitto tra Hamas e Israele perché questi strumenti sono diventati parte integrante anche delle guerre. Spero ti sia utile.
Forse ancora più della guerra tra Russia e Ucraina la situazione in Israele sta segnando a penna un momento di grande cambiamento nel nostro utilizzo dei social media.
Se ci guardiamo indietro è incredibile come la percezione dell'ecosistema social sia cambiata in *soli* 10 anni.
Durante le cosiddette Primavere arabe, le insurrezioni avvenute in molti paesi arabi tra il 2010 e il 2011, l'utilizzo dei social media da parte dei manifestanti ha avuto un ruolo determinante nella diffusione delle rivolte, nello scambio di informazioni e notizie e quindi nello svolgimento dei fatti geopolitici.
Sempre in quegli anni, nel 2010, Mark Zuckerberg finiva sulla copertina del Time come persona dell'anno.
Era tutto bello.
Oggi a Mark Zuckerberg, insieme agli altri CEO a capo delle principali piattaforme social, viene invece chiesto a gran voce di impegnarsi per contrastare la dilagante diffusione della disinformazione riguardo al conflitto in corso.
Twitter non può più essere considerato uno strumento di diplomazia digitale.
TikTok è un nuovo attore nel panorama informativo.
È ancora difficile tracciare linee nette e prevedere come le piattaforme social si svilupperanno, se e come miglioreranno la moderazione dei contenuti in momenti come questo. Quelli raccolti di seguito sono però degli spunti secondo me indicativi della situazione attuale. Spero ti siano utili.
Se ti va, fammi sapere poi cosa ne pensi.
In coda come sempre trovi le 5 notizie social da conoscere e altri spunti di lettura.
E se sei a Udine il prossimo sabato (21 ottobre) ti aspetto alla libreria Tarantola alle 17.30 per parlare di TikTok insieme a Gabriele Marino, autore del libro TikTok. Capire le dinamiche della comunicazione ipersocial.
Buon weekend di post programmati (e di pausa dalla disinformazione).
V.
Come cambiano i social e la digital diplomacy durante il conflitto in Israele
Un tempo, per almeno una decina di anni, Twitter - oggi X - ha rappresentato un punto di riferimento per condividere gli aggiornamenti sui conflitti.
È stato il primo strumento di diplomazia digitale per i governi, il luogo dove diffondere le notizie per i giornalisti, la piattaforma dove rimanere aggiornati per gli utenti.
Come ha scritto il giornalista tech Casey Newton in una delle ultime puntate della sua newsletter: Twitter non era perfetto ma è stato indispensabile. Era una finestra sul mondo, uno sguardo real time su ciò che accadeva, su chi lo raccontava - i giornalisti - e su chi prendeva le decisioni - i governi.
Twitter è stato una fonte diretta che permetteva di avere una visione ampia e tendenzialmente verificata.
Anzi, davanti ai numerosi cambiamenti portati avanti dalle piattaforme Meta, Twitter ha sempre rappresentato una certezza (e un sospiro di sollievo per noi addetti ai lavori).
Oggi Twitter non è più quella cosa lì. E l'escalation del conflitto in Israele, come anche la guerra in Ucraina, lo sta rendendo evidente probabilmente per la prima volta.
Sotto la guida di Elon Musk è cambiata la visualizzazione, la moderazione, la priorità dei contenuti. Da quando sono iniziati gli attacchi di Hamas in Israele l’app è stata inondata dalla disinformazione, a volte divulgata dallo stesso Musk e da profili verificati.
Personalmente non vedo neanche più traccia (da tempo, non solo in questi giorni), neanche delle comunicazioni istituzionali, affossate dal nuovo algoritmo.
Uno dei risultati della scarsità di informazioni affidabili è stato l’esodo di diversi giornalisti da X/Twitter verso altre piattaforme come Bluesky, Mastodon e Threads.
In particolare Threads, la nuova app di Meta che imita Twitter, sempre secondo Casey Newton, in questi giorni sta registrando un picco di nuovi utenti.
Nonostante l’ammontare dei contenuti su Threads sia ancora inferiore rispetto a ciò che una volta si trovava su Twitter, pare si stia dimostrando un luogo funzionale alla diffusione delle informazioni relative agli attacchi tra Hamas e Israele.
Forse proprio perché il raggio di azione di Threads è ancora limitato, la spunta di verifica viene concessa gratuitamente e perché l'app è ancora in fase beta, su questa piattaforma non si evidenziano tracce di troll e disinformazione.
La fisiologica migrazione da Twitter a Threads va però in contrasto con le direttive Meta, che al momento del lancio aveva dichiarato di voler tenere fuori politica e informazione, lasciando più spazio a creator e Gen Z.
Ora Meta dovrà decidere se ascoltare questa tendenza e rendere Threads un luogo affidabile per capire cosa sta succedendo nel mondo oppure tenere politica, diplomazia e informazione fuori dall'app.
Twitter non è l'unico spazio social dove si stanno diffondendo notizie false su ciò che accade in Israele.
L'Unione Europea sta monitorando e contattando i CEO di tutte le piattaforme tech, da Elon Musk a Shou Zi Chew, CEO di TikTok, per chiedere loro di attivarsi nella moderazione dei contenuti relativi al conflitto.
All'interno della lettera inviata al CEO di TikTok il commissario europeo Thierry Breton ha chiesto di impegnarsi a rimuovere i contenuti falsi soprattutto a fronte del largo utilizzo di TikTok da parte di utenti molto giovani.
In generale e al di là delle singole piattaforme abbiamo tutti paura di incappare in contenuti falsi o ingannevoli sui social media.
Secondo il Digital News Report 2023 di Reuters, che si occupa di monitorare le abitudini di consumo delle notizie, questa preoccupazione è in crescita, passata dal 54% del 2022 al 56% nel 2023.
Di consigli su come informarsi meglio online durante una guerra avevamo già parlato in relazione al conflitto ucraino.
Questa volta ai consigli si aggiunge una sfumatura non da poco: le spunte di verifica dei profili ormai non contano più molto.
Se chiunque, su Instagram o Twitter, può acquistare una spunta tramite un abbonamento a pagamento, allora l'autorevolezza di questa spunta perde valore.
Tra i consigli riportati dal Center for Countering Digital Hate, no profit che si impegna a limitare la diffusione di contenuti violenti e disinformazione, troviamo infatti anche questo riferimento:
1. Non diffondere informazioni se non puoi verificarle
2. Sii critico su ciò che leggi
3. Metti in dubbio anche i profili verificati
☄️ Top 5 social media news
Meta vuole fare evolvere Threads aggiungendo trending topics, GIF e altre funzioni
Su X/Twitter si può permettere di rispondere a un post solo a utenti verificati, in modo da incentivare gli abbonamenti a pagamento
L'Europa chiede a Matea e X di agire contro la disinformazione riguardo il conflitto in Israele sulle piattaforme
Su TikTok sarà più semplice pubblicare via app terze
Su Threads si potranno modificare i contenuti e creare thread audio
👓 Da leggere, ascoltare, guardare
Le pubblicità stranissime di giochi per il cellulare (e che affollano i social network), spiegate
Per un giornale non ha più senso stare su X/Twitter, dice NPR
Le attività di Meta per combattere la disinformazione durante il conflitto tra Hamas e Israele
📚 Biblioteca social
Una raccolta di letture utili a noi che ci occupiamo di social media. Dai saggi ai romanzi. Clicca qui e sfoglia l'archivio.
Ciao! Mi chiamo Valentina Tonutti e sono una social media strategist. Dal 2015 lavoro con i social soprattutto per media, politica e editoria. Online e offline amo condividere e creare sinergie: la mia newsletter nasce per questo.
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