Cos'è questo "nuovo" social cinese, tra ecommerce e content
Fuori dal PED #84 | lo spiegone della giornalista e sinologa Lucrezia Goldin su Xiaohongshu
Ciao, benvenut* in Fuori dal PED, la newsletter che cerca di fare ordine tra i trend social e i drammi dei social media manager.
L’altro giorno scorrendo le Stories di Instagram ho intercettato quelle di Lucrezia Goldin, giornalista ed esperta di Cina: raccontava l’evento di presentazione italiano di un social cinese.
Mentre noi ci concentriamo sulla disputa tra Stati Uniti e Cina su TikTok, la Cina testa il mercato italiano ed europeo con un nuovo (per noi) social.
L’app si chiama Xiaohongshu ed è una crasi tra Instagram, Pinterest e Tripadvisor, tra content e e-commerce.
Appena ho visto le Stories ho subito chiesto a Lucrezia di raccontarmi di più.
Ti consiglio di non perderti neanche una riga di quello che mi ha spiegato: c’entrano le piattaforme social come strumento di soft power, il futuro di TikTok, ma anche l’impatto di questa app sull’economia del nostro Paese.
Buon weekend di post pasquali programmati e, appunto, buona Pasqua 🐣
V.
Ciao Lucrezia, ci racconti come funziona il social Xiaohongshu?
Xiaohongshu significa “piccolo libro rosso”. Per ora è un’applicazione che esiste solo nei confini digitali delle Repubblica Popolare Cinese, ma c’è una versione anche nel Regno Unito, si chiama Red.
Xiaohongshu è una crasi tra Instagram, Pinterest e Tripadvisor.
Come sempre capita per le app cinesi, si tratta di un mix di cose che nasce perché l’ecosistema digitale in Cina è rimasto isolato per gli ultimi 20 anni quindi ha sviluppato caratteristiche proprie.
L’essere una multiapp, con diverse funzionalità, è caratteristico dell’ecosistema cinese.
Xiaohongshu è simile a Instagram perché a livello di formato prevede la condivisione di immagini ed è una lifestyle platform, fatta per condividere le esperienze soprattutto all’estero (dove viaggi, cosa mangi).
Serve per cercare consigli, ricorda l’Instagram dei primi tempi, è molto aesthetic.
La cosa interessante rispetto a Instagram è la funzione di ricerca: negli anni il social si è sostituito ai motori di ricerca tradizionali.
Come usano le persone cinesi Xiaohongshu?
Oggi una persona cinese va su Xiaohongshu per cercare informazioni su dove mangiare bene in un determinato posto, su dove andare a dormire mentre è in viaggio.
Io l’ho usato ad esempio quando cercavo l’unica edicola aperta di Shanghai.
Xiaohongshu nasce nel 2013 ed è una delle pochissime app in cui hanno investito sia Tencent che Alibaba, due competitor nell’ambito tecnologico cinese.
All’inizio era una piattaforma di e-commerce per lasciare recensioni sui diversi prodotti, infatti all’interno ha una funzione di e-commerce. Col tempo gli utenti l’hanno trasformata in un mix tra motore di ricerca e consigli sul lifestyle.
Per questo motivo stanno cercando di espandersi sul mercato internazionale: non tanto per portarla agli utenti occidentali, ma per presentarla come un mezzo tramite il quale arrivare ai consumatori cinesi.
Il paradosso è che è un’app cinese, ma viene utilizzata anche dagli utenti cinesi all’estero.
Io stessa l’ho scaricata quando vivevo in Cina e la utilizzo anche adesso, in Italia.
Oggi Xiaohongshu è il punto di riferimento per gli Expat cinesi, che raccontano ad esempio come si vive a Milano, come si studia alla Cattolica, quanto costa un anno di vita a Udine.
Può essere che la utilizzeremo anche noi italiani?
Può essere che arrivi da noi solo come mezzo offerto alle aziende. Ci sono già dei canali ufficiali dedicati e i grandi brand di lusso sono già su Xiaohongshu.
Esiste anche già un esempio di successo: L'Università Bocconi di Milano si è fatta aiutare da un’agenzia di marketing per la Cina (Value China, che ha organizzato il primo evento di Xiaohongshu in Italia al quale ho partecipato qualche giorno fa) per organizzare una campagna utile a posizionarsi su Xiaohongshu.
Nelle tue Stories scrivi che “Xiaohongshu può rappresentare un buon termometro per capire cosa la Cina pensa di noi”. Perché e in che modo?
Oltre al binario del marketing c’è quello della grassroots community che si sviluppa su questo social.
Se all’inizio si andava su Xiaohongshu solo per commentare un prodotto e poi per commentare un’esperienza, ora si trova anche un discorso in merito all’attualità cinese.
Ti faccio un esempio: l’estate scorsa in Cina si parlava molto del fatto che in Giappone avrebbero rilasciato le acque intossicate di Fukushima nel mare.
Questa notizia è stata ripresa dai media statali cinesi in chiave propagandistica anti giapponese: se andavi su Xiaohongshu, molto più che su Douyin o WeChat, venivano condivise immagini create con l’AI per criticare il Giappone in merito a questo fatto.
Ogni tema importante per la società cinese a livello popolare viene discusso lì, più che su TikTok/Douyin, dove il focus è su altro essendo una piattaforma di short video.
Per me, che non sono interessata alla Cina come mercato ma allo sviluppo del discorso popolare, Xiaohongshu è il posto da studiare per capire a cosa sono interessati in Cina.
Certo, anche su Xiaohongshuì rimani incagliato nella bolla dell’algoritmo e ti si ripropongono solo contenuti simili a quelli che stai cercando, ma ho il mio metodo per arrivare a una conclusione: uso account e fonti diverse, faccio le mie verifiche.
Essendo un’app usata molto dagli expat, è utile per capire cosa la Cina pensa di noi: sia per capire se preferiscono QC Terme Milano rispetto a QC Terme in montagna, Gucci o Prada, ma anche per capire qual è la percezione del Paese in cui vanno.
Due esempi:
Grazie alle condivisioni su Xiaohongshu Düsseldorf è diventato un centro di riferimento per i foodblogger cinesi, perché venivano condivise un sacco di recensioni (ndr. qui un articolo del Post sul tema).
Allo stesso modo l’Italia è stata additata come Paese non sicuro perché delle persone cinesi in viaggio in Italia hanno condiviso su Xiaohongshu esperienze in cui erano state derubate per strada o truffate.
L’anno scorso in Italia ci si aspettava che il turismo da parte della Cina sarebbe diventato un traino per la nostra economia: non è successo anche per questo motivo, per i contenuti su Xiaohongshu.
Una cosa che è passata totalmente in sordina: in Cina c’era un’impressione negativa sul nostro Paese che si è poi riscontrata a livello di turismo e nessuno capiva da dove venisse.
Ecco, Xiaohongshu è il posto per capire da dove arrivano determinate tendenze.
Come finirà secondo te la disputa Usa vs Cina su TikTok?
Domanda da un milione di dollari. Rispetto a Xiaohongshu, penso che il tempismo dell’azienda di iniziare a testare il mercato europeo sia interessante. Perché nel momento in cui TikTok, ramo internazionale di ByteDance e sorella minore di Douyin, vive un momento di difficoltà, uno non si aspetta che un’app cinese tenti di fare breccia nel cuore degli italiani e degli europei.
Secondo me lo stanno facendo anche perché puntano sulla divisione commerciale.
Soprattutto a livello italiano consideriamo la Cina buona se rappresenta un mercato da cui trarre profitto. Diventa cattiva se dobbiamo pensarla in termini politici, perché il nostro alleato, gli Stati Uniti, ci dice che è così.
Finché il taglio che si dà all’ingresso di quest’app è economico, è più comprensibile e accettato.
I miei due cents su TikTok: il miglior assist per la propaganda cinese in questo caso è arrivato dagli Stati Uniti: più Washington prova a buttare fuori TikTok dal Paese, più la Cina ha ragione per dire “guardate che come vi avevamo detto gli Stati Uniti sono una potenza egemonica, non rispettano le stesse regole del gioco che hanno imposto loro, quelle del capitalismo, e vogliono buttarci fuori per partito preso”.
Per questo motivo non penso che ByteDance venderà la sua punta di diamante non più allo stato grezzo. Non ha interesse, ha solo che da guadagnare dagli utenti americani che si ribellano al fatto che un’app diventata così famosa venga buttata fuori per colpa del governo statunitense.
Dovendo ByteDance ricevere l’approvazione del governo cinese per vendere il ramo internazionale di TikTok, non penso che riceveranno questa approvazione perché non conviene.
Significherebbe sì una grande perdita a livello economico, ma l’influenza politica e il soft power sono più importanti del guadagno economico. Il partito cinese ha reso chiaro a tutti i colossi del tech che l’ultima parola spetta al governo e che il guadagno di uno è sacrificabile se messo in contrapposizione col guadagno del Paese.
Nell’ultima audizione al Congresso Usa è stata proposta una soluzione con il Texas project. Il compromesso sarebbe: dite che ci sono problemi di sicurezza? vi proponiamo una gestione congiunta e localizzata dei data center in Texas, così da sfatare il mito dei rischi della sicurezza - sui quali non ci sono, ad ora, prove - e ci lasciate operare nel Paese.
Gli USA per ora non hanno accettato questa proposta.
La Cina vincerebbe in entrambi i casi, sia che la proposta venisse accettata che no: se non viene accettata perché gli Stati Uniti ne uscirebbero male agli occhi dei propri cittadini utenti di TikTok.
Se la proposta venisse accettata, la Cina a livello diplomatico vincerebbe comunque perché vorrebbe dire che gli Stati Uniti stanno implementando per la loro sfera digitale un modello di governance che ha inventato la Cina, quello del sovranismo digitale.
Un modello dove la gestione del territorio fisico si sovrappone alla gestione del territorio virtuale.
Per il Partito Comunista la rete è il territorio: tutto quello che avviene nel territorio fisico o virtuale deve ricadere sotto l’amministrazione del partito, e questo include ovviamente la gestione dei dati.
Creare il Texas project, quindi localizzare la gestione dei dati negli Stati Uniti, significa adottare il modello cinese. Questo fa gioco alla Cina che si vuole presentare come potenza innovativa.
Grazie Lucrezia!
Lucrezia Goldin è giornalista e sinologa, scrive per China Files, Il Manifesto, ilFattoquotidiano.it e Fanpage. Si occupa di tecnologie digitali, cyber security e nazionalismo popolare nel continente asiatico.
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👓 Da leggere, ascoltare, guardare
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Qual è il prezzo di un’infanzia trasformata in content? Via Cosmopolitan
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Una raccolta di letture utili a noi che ci occupiamo di social media. Dai saggi ai romanzi. Clicca qui e sfoglia l'archivio.
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🗓 Vediamoci, tra corsi ed eventi
Il 5 aprile a Udine intervengo a un incontro dedicato alla Generazione Z organizzato da Ferpi Triveneto. Ci vediamo alle 17 presso la sede di Consorzio Friuli Formazione
Il 18 aprile inizia TikTok for business: guida pratica per aziende e professionisti, è un corso che tengo al CFF di Udine in presenza. Qui le info per partecipare.
Adoro parlare di social, di come cambiano e noi con loro: se vuoi invitarmi al tuo evento/festival, rispondi a questa mail.
Chi sono
Mi chiamo Valentina Tonutti e sono una social media strategist. Dal 2014 lavoro con i social soprattutto per media, politica e editoria. Online e offline amo condividere e creare sinergie: la mia newsletter nasce per questo.
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Puoi leggere Fuori dal PED anche sull'app Mindit.
Mi trovi, ovviamente, anche sui social: su TikTok, LinkedIn, Instagram.
"Se la proposta venisse accettata, la Cina a livello diplomatico vincerebbe comunque perché vorrebbe dire che gli Stati Uniti stanno implementando per la loro sfera digitale un modello di governance che ha inventato la Cina, quello del sovranismo digitale."
Il sovranismo digitale mi sembra più un'invenzione europea che cinese, vista la necessità di trattare i dati dei cittadini europei nel territorio dell'UE, o all'estero, ma in presenza di accordi bilaterali.
Se c'è una vittoria (strategica), da parte cinese è proprio la possibilità di mantenere comunque un accesso alle informazioni dei cittadini americani, anche se indiretto, via Texas.