Ha ancora senso fare divulgazione sui social?
Fuori dal PED #83 | micro vs macro contenuti, questo è il dilemma
Ciao, benvenut* in Fuori dal PED, la newsletter che cerca di fare ordine tra i trend social e i drammi dei social media manager.
Se sei millennial, ti sblocco subito un ricordo: te li ricordi i poke? Quelle spintarelle virtuali che si mandavano, senza troppe motivazioni, su Facebook quando Facebook era ancora un posto simpatico.
Bene. Secondo Zuckerberg stanno tornando di moda. E non tanto tra noi adulti, ma tra i più giovani.
Sempre per parlare di come le piattaforme si evolvono, reinventano e noi con esse, il tema di oggi è la divulgazione sui social. Come e dove farla?
Molte cose sono cambiate negli ultimi anni, ho provato a tirare le fila grazie a un contenuto di Dario Bressanini, probabilmente il più noto divulgatore scientifico italiano.
Fammi sapere poi cosa ne pensi anche tu.
Buon weekend di post programmati. Ti mando un poke.
V.
Quando ho aperto questa newsletter il tema che sembrava più incisivo nel mondo social era il cambiamento che stava vivendo Instagram:
da piattaforma puramente dilettevole, estetica, utile per sapere dove fossero andati gli amici in vacanza, a luogo dove si spiegano le cose.
Complice l’innalzamento dell’età media e soprattutto la pandemia, che ha reso impossibile per molti professionisti esprimersi in altro modo, Instagram nel giro di poco era diventato una fucina di spiegoni a tema scienza, ambiente, attualità, politica, marketing. Tutto.
Era maggio 2021. Il Digital News Report di Reuters, che analizza come ci informiamo online, evidenziava un dato all’epoca significativo: per la prima volta in Italia Instagram superava Twitter come mezzo di informazione.
Durante la pandemia il 17% degli italiani ha usato Instagram per rimanere informato sull’attualità. I caroselli erano lo strumento migliore per fruire notizie e approfondimenti.
In Italia, secondo me, Factanza era la pagina che rappresentava meglio questa tendenza, per questo ho inaugurato la newsletter con un’intervista a Livia Viganò, co-founder del progetto.
Questa parentesi oggi sembra quasi preistorica. Guardarsi ogni tanto indietro credo però sia utile per provare a capire come sia cambiata la nostra fruizione delle diverse piattaforme.
Specialmente, ed è il caso della puntata di oggi, per provare a intuire che cosa accadrà dopo.
Ecco, che cosa sta accadendo alla divulgazione sui social, ora che molte tendenze si sono standardizzate e altrettante evolute?
la divulgazione sui social, o meglio, solo sui social - ha ancora senso?
Ultimamente se lo chiede spesso anche Dario Bressanini, il più noto divulgatore scientifico italiano attivo online da ormai 20 anni.
Da tempo il chimico su Instagram si dispiace dell’abbassamento di copertura dei propri contenuti, specialmente quelli condivisi nelle Stories.
Portando sul tavolo i dati del suo account, ragiona in merito al tasso di conversione dei propri contenuti.
Quante, tra le persone che lo seguono, acquistano i suoi libri, ovvero il suo principale “prodotto?
In un video condiviso su YouTube un paio di mesi fa, intitolato Il futuro del canale. Ha ancora senso fare divulgazione su YouTube, Instagram e TikTok?, fa un punto della situazione che può esserci utile.
Riassumo gli highlights:
Su Instagram si converte di più che su YouTube. Instagram rimane la piattaforma social dove la conversione, ovvero il passaggio dalla fruizione di un contenuto all’acquisto di un prodotto/servizio, è più immediata
Da YouTube arrivano soldi, ma sono pochi. Per monetizzare funziona meglio Twitch. Molti youtuber sono passati a Twitch dove è più facile ricevere donazioni. Dall’altra parte, aggiungo io, YouTube è tra le piattaforme che rende di più ai creator a livello di monetizzazione
Da follower a lettori: secondo i dati condivisi da Bressanini, tra i 500k che lo seguono su Instagram, l’1% del pubblico acquista un suo libro. Dato il suo bacino di follower, dice, ne è contento
Le notifiche di YouTube non sono così efficaci: secondo Bressanini è necessario che le piattaforme, YouTube in particolare, avvisino meglio il pubblico dell’uscita di un nuovo contenuto
Non ci sono più le Stories di una volta: qualche anno fa le Stories di Bressanini raggiungevano il 40% dei follower. Oggi raggiungono solo il 5%. Un dato interessante, aggiungo io, che però deve essere messo a sistema con la crescita di profili e contenuti su Instagram
Il problema generale delle piattaforme, secondo Bressanini, è un problema di reach, di copertura. Molte persone che lo seguono non guardano i nuovi contenuti.
Più persone ➝ più contenuti ➝ più competitività ➝ meno copertura.
La nuova strategia social di Dario Bressanini
Nonostante YouTube converta meno di instagram, Bressanini annuncia di voler ridurre la produzione di contenuti su Instagram e di incrementarla su YouTube.
Il motivo, cito: è difficile far arrivare i contenuti al proprio pubblico, tutto il sistema si deve mantenere e quindi è necessario un ripensamento della strategia social.
Mi sembra una scelta saggia, mi permetto solo di evidenziare un punto:
DB dice che “L’algoritmo sceglie per noi”. Il che è vero, ma lo è altrettanto che a quell’algoritmo noi diamo da mangiare ogni giorno.
La fruizione cronologica dei contenuti non è più pensabile, per quanto ci possa sembrare utile (tra l’altro, su Instagram è possibile impostare il feed cronologico, ma alzi la mano chi abbia anche solo lontanamente aperto quell’impostazione).
Bressanini gode dell’effetto early adopter al 100%, perché ha intuito il valore della condivisione online 20 anni fa. Ma, che ci piaccia o no, le piattaforme cambiano e soprattutto noi cambiamo con loro.
Se in questo momento storico alcuni canali ci permettono, pur con audience inferiori, di intercettare un pubblico più attento, forse è meglio concentrare buona parte delle nostre energie su queste, e tenere Instagram e i social “classici” come strumento di diffusione di macro contenuti.
Il successo del canale YouTube di Francesco Costa mi sembra una prova lampante di questa tendenza: in un anno (anche qualcosa di meno) ha raggiunto 100k iscritti approfondendo la cultura e la politica americana senza snaturarsi e creando un luogo prezioso per comprendere questi temi.
All’epoca ha fatto la stessa cosa su Instagram. Oggi continua a utilizzare la piattaforma Meta, ma il focus è su YouTube.
Non credo che le persone, noi, abbiamo smesso di approfondire le cose.
L’interesse, da parte di utenti e brand, verso podcast e newsletter è significativo in questo senso.
Secondo una ricerca di NielsenIQ per Audible sugli ascoltatori di podcast in Italia, riassunta nella bellissima
, “tra il 2022 e il 2023 il numero di persone tra i 18 e i 64 anni che ascoltano podcast, con minore o maggiore frequenza, è aumentato di quasi il 7%: oggi sono 16,4 milioni.”Forse abbiamo sempre meno tempo, forse stiamo relegando alcune piattaforme a puro intrattenimento, e altre all’approfondimento.
Beatrice Mautino, altra nota divulgatrice scientifica, in una recente intervista ha sottolineato l’importanza della sostenibilità della divulgazione sui social:
Per me è più difficile fare una cosa che in passato mi ha permesso di crescere molto, cioè intercettare bolle diverse e raggiungere un pubblico che magari prima non avrebbe mai seguito un profilo scientifico, ma trovando per caso il mio si scopriva interessato. […] il classico spiegone nelle storie veniva visto dalla maggior parte degli utenti fino alla fine, il livello di attenzione era molto più alto, sia perché l’algoritmo non penalizzava quei contenuti sia perché c’era meno scelta, quindi era tutto meno dispersivo. Oggi la gente usa Instagram in un modo molto diverso, spesso non accende nemmeno l’audio. […] Questo però fa sì che quel tipo di informazione che ha bisogno del tempo e dell’approfondimento non avrà più modo per stare su Instagram.
Da una parte Instagram continua a rappresentare un’opportunità per i micro contenuti. L’accesso e le comunicazioni sono rapide e multiforme.
Dall’altra è più difficile portare le persone fuori da Instagram, perché quando siamo fuori da Instagram andiamo direttamente a cercare un contenuto, un informazione, l’approfondimento. All’interno di un podcast, una newsletter o un video lungo.
Tutte piattaforme esterne che ci permettono di coltivare una relazione più stretta con il pubblico e di avere più controllo su ciò che condividiamo.
Un vantaggio non da poco su cui probabilmente gli utenti statunitensi di TikTok stanno ampiamente riflettendo.
Come vedi non ho risposte certe e non credo neanche esistano.
Se fai divulgazione sui social ti lascio però con una domanda:
cosa faresti se domani Instagram o TikTok scomparissero?
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MI è piaciuta molto questa riflessione arricchita dagli esempi di Bressanini e Mautino, e la domanda finale mi fa proprio pensare a un sacco di cose. Grazie Valentina per avere messo in moto questo pensiero largo.