Questo tweet ha rotto la comunicazione istituzionale
Quando la guerra segue le regole del content, cosa resta della diplomazia?
Ciao! Sei su Fuori dal PED, la newsletter che cerca di fare ordine tra i trend social e i drammi dei social media manager. Puntata #134.
Come va? Io non vedo l’ora di partecipare all’incontro di domani: nel pomeriggio a San Daniele parliamo di comunicazione istituzionale (ha ancora senso chiamarla così?) e di come si è evoluta, al festival Dixit.
L’evento è gratuito ma per partecipare è necessario prenotarsi qui.
Per coincidenze con l’attualità, questo è anche il tema della newsletter di oggi.
Fammi sapere poi cosa ne pensi!
Buon weekend di post programmati e alla prossima,
V.
È il 3 giugno 2018, sono le 19:49, e in Iran il leader supremo Ayatollah Khamenei pubblica un tweet in cui definisce Israele un “tumore canceroso” che deve essere rimosso.
Il contesto è quello delle manifestazioni avvenute tra il 2018 e il 2019 al confine tra Gaza e Israele, note come Grande Marcia del Ritorno, con cui i rifugiati palestinesi chiedevano di tornare alle proprie terre e la fine del blocco israeliano.
Il 4 giugno alle 18:11, da Washington, l’Ambasciata di Israele negli Stati Uniti risponde.
Il tweet di risposta è composto solo da una gif tratta da Mean Girls, film culto per i teenager degli anni 2000:
Why are you so obsessed with me?
È il 19 giugno 2025. Israele bombarda l’Iran.
Se sei me quel verso oggi ti ricorda più un trend TikTok che una canzone di Mariah Carey.
All’epoca, nel 2018, ricordo invece che questo scambio venne molto commentato online e fece discutere la stampa internazionale.
Col senno di poi, forse ha segnato un prima e un dopo. Un punto di rottura nella comunicazione tra Stati.
Israele non è nuovo a questo stile.
Sui profili social del Ministero degli Esteri (IsraelMFA) e delle forfe di difesa (DIF), la comunicazione istituzionale adotta le regole del content marketing: format chiari, tono diretto, grafica riconoscibile, trend.
Solo che al posto di un prodotto promuove una nazione. La sua immagine, la sua posizione in un conflitto.

Ma se l’impegno su una narrazione utile a promuovere territorio, cultura, politica, è comune a molti Paesi e non ci deve sorprendere, è sicuramente l’uso dei social da parte di Israele in situazioni di crisi che ci fa spesso strabuzzare gli occhi.
Negli anni ci siamo abituati a tweet in cui Israele visualizza i razzi ricevuti da Hamas con file di emoji. A live streaming dei bombardamenti. Perfino a propaganda sponsorizzata su canali YouTube per bambini.
Tutto fatto benissimo, da manuale. Se non fosse che l’oggetto del messaggio sono vite umane.
In questo discorso c’è un altro grande paradosso: in un mare di contenuti non posso permettermi di essere noioso. Anche se sono un’istituzione.
Posso permettermi di esserlo più degli altri attori (es. politici, partiti), ma per raggiungere il pubblico devo seguire le regole del content.
Novembre 2021. Si segnalano carri armati russi al confine con l’Ucraina. L’account ufficiale dell’Ucraina su Twitter cambia strategia di comunicazione.
Fino ad allora raccontava il Paese e la sua storia. Da quel giorno inizia a pubblicare gif, meme, battute sulla Russia.
Tutto serve per essere visti, ottenere supporto internazionale, sopravvivere all’attacco russo.
Una strategia simile, ma in questo caso la comunicazione è un’arma in difesa.
Anche astraendoci dal caso israeliano e ucraino, qual è il limite, mi chiedo?
Quando la comunicazione di guerra prende in prestito i linguaggi dell’intrattenimento, esiste ancora una linea da non oltrepassare?
Cosa resta del tono pacato della diplomazia?
Va bene tutto in nome della reach?

Ho più domande che risposte.
Ma se con i social ci lavoriamo queste domande dobbiamo farcele. Perché queste dinamiche non restano confinate: prendono piede, si replicano, si spostano, si adattano. E finiscono per riscrivere il nostro modo di parlare sui social.
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🤝 Vediamoci in classe
A novembre parte Social media per l’editoria, il mio corso per la Scuola del libro.
4 lezioni online, 10 ore totali per capire come passare dal raccontare libri per passione al promuoverli per lavoro.
Vedremo come seguire l’uscita di un libro, come usare i social per valorizzare un autore senza snaturarlo, e come costruire un portfolio da social media manager per l’editoria, anche senza esperienza.
Qui il programma e le info per partecipare. Se hai domande, scrivimi!
…o in giro
📍Domenica 22 giugno a San Daniele del Friuli sarò ospite a Dixit, festival sul digitale, per parlare di come è cambiata la comunicazione istituzionale. Per partecipare è necessario registrarsi qui.
Se vuoi invitarmi a parlare si social, non vedo l’ora: scrivimi a vatonutti@gmail.com
✍️ Chi scrive Fuori dal PED
Mi chiamo Valentina Tonutti e sono una social media manager e strategist freelance. Dal 2013 lavoro specialmente per media, politica e editoria. Online e offline amo condividere e creare sinergie: Fuori dal PED nasce per questo.
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